Tutti, almeno una volta nella vita, hanno avuto a che fare con il “mal di schiena”. A volte il dolore si è risolto in fretta, altre volte è cronicizzato o ricomparso quando meno lo si aspettava. Qualunque sia l’entità e la frequenza del disturbo, il mal di schiena dev’essere considerato come un segnale che il corpo invia per indicare che qualcosa a livello della colonna vertebrale non funziona correttamente. È, banalmente, una sintomatologia dolorosa che coinvolge il rachide, è molto diffuso e allo stesso tempo è spesso trascurato e sottovalutato. In Italia, coinvolge oltre 15 milioni di persone: è la prima causa di assenteismo dal lavoro (seguita dal mal di testa) e la seconda di invalidità permanente.
Oltre a rappresentare la prima causa di assenza dal lavoro nei Paesi occidentali, la lombalgia è anche una malattia dalle mille cause e sfaccettature. Si è infatti calcolato che il mal di schiena può originare dalla lesione anche di una sola delle oltre ottocento microstrutture che contraggono rapporti con la colonna vertebrale. Tali lesioni possono interessare i dischi intervertebrali, i legamenti, la muscolatura, i nervi, le articolazioni o le strutture ossee. Può tuttavia accadere che una lesione risulti del tutto asintomatica e che nonostante il trauma subito il soggetto non avverta alcun dolore.
In genere si parla di mal di schiena come di una patologia multifattoriale per sottolineare che l’origine del dolore è legata a numerosi fattori interdipendenti che interessano la sfera fisica, psicologica e sociale. Le cause del mal di schiena sono numerose ma possono essere divise in 3 categorie:
- Degenerative: coinvolgono le strutture ossee (artrosi, ernia del disco, scoliosi, ecc.).
- Traumatiche: traumi ossei o muscolari (es. movimenti errati).
- Psicologiche: disturbo non fisico ma psicologico, causato da stress.
Altre volte, il mal di schiena può essere completamente slegato da affezioni del rachide, ma derivare da malattie dell’apparato gastrointestinale o del cavo orale (come la “calcolosi renale” o il “reflusso gastroesofageo”) o, ancora, da problemi a carico della mandibola o dei denti (per via di una cattiva masticazione o occlusione) o, in casi rarissimi da patologie vascolari (aneurisma dell’aorta).
La lombalgia è il tipo di mal di schiena più frequente, sia in forma acuta che cronica: quasi il 90% dei casi di mal di schiena si verificano a carico della zona lombare. Le cause che la provocano possono essere diverse, tra le quali emergono il sollevamento di pesi da terra, assumere posizioni inadeguate, stress e altri fattori psicologici (ansia, ecc.). Il tipo di dolore si classifica come acuto, se dura meno di 7 giorni, subacuto, se dura tra 7 giorni e 7 settimane, o cronico, se supera le 7 settimane.
Quando la sintomatologia coinvolge il nervo sciatico si parla di lombosciatalgia, se invece è coinvolto il nervo femorale si parla di lombocruralgia.
Se non si tratta di episodi isolati ma diventa un dolore cronico, la causa va in genere ricercata in una postura errata: stare in posizione eretta o seduti alla guida per troppo tempo, ad esempio, sono casi tipici di comportamenti che possono dar luogo a lombalgia cronica.
Come diversi studi hanno evidenzieto, il dolore alla colonna lombare potrebbe essere in stretta connessione con il disequilibrio del sistema muscolare e legamentoso e/o del sistema viscerale.
In un periodo di taglio ai costi nel quale il focus del settore sanitario è concentrato sugli aspetti economici, realizzare quanto una banale lombalgia sia ancora oggi un problema ad altissimo impatto sociale ed economico fa riflettere. «In Italia, negli ultimi anni, il mal di schiena è la principale causa di assenza dal lavoro per malattia: quasi un lavoratore su tre (circa il 30%) resta a casa per questo motivo» spiega Giuseppe Taino, specialista in Medicina del Lavoro presso Irccs Fondazione Maugeri di Pavia. E gli italiani sono in buona compagnia. Negli Stati Uniti si calcola un costo annuale per le assenze dal lavoro pari a 38-50 miliardi di dollari. Sempre negli USA, si contano 28,6 giorni di assenza ogni 100 lavoratori, nel Regno Unito 32,6, in Svezia 36.[1]
Questi dati sono aggravanti da una “cattiva abitudine” di molti specialisti che continuano a prescrivere “una piccola pausa dal lavoro” convinti che l’attività possa peggiorare i sintomi e ritardare la guarigione.
La realtà dei fatti invece mostra come tante tipologie di intervento, ormai largamente diffuse, portino ad una drastica riduzione del dolore, permettendo alle persone di tornare in tempi brevi alla loro vita quotidiana. Tra le varie terapie, anche in Italia, i trattamenti osteopatici stanno ritagliandosi un loro spazio. Nonostante potrebbe aiutare ad abbattere i costi del Servizio Sanitario Nazionale, grazie alla sua efficacia, l’osteopatia continua ad essere ancora ignorata dalle istituzioni, portando ad una diffusa “ignoranza” su cosa realmente sia l’osteopatia e i suoi vantaggi.
Una delle funzioni di questo blog, sarà proprio quella di far conoscere a più persone possibili cosa è veramente l’osteopatia, come funziona, quali sono le sue basi e soprattutto quali sono gli effettivi vantaggi per i pazienti.
[1] Silvia Sperandio – Sole 24 Ore – 10 settembre 2015